Come possiamo uccidere il maschio dominante in noi e costruire una nuova identità maschile rivoluzionaria? Intanto parlando dell’origine dei problemi.
L’origine dei problemi sociali sta nella relazione oppressore-oppressa tra uomini e donne, ed è dunque quello di genere il primo conflitto della storia , non quello di classe. I diversi sistemi di dominazione nel corso della storia hanno tutti rafforzato la schiavitù delle donne e il potere dell’uomo. Schiavitù, feudalesimo, capitalismo: non c’è nessunx che non ne diventi strumento. La maschilità è quell’ideologia che più di tutte ha imposto che le relazioni, di qualsiasi tipo, siano costruite sul potere. Conoscere e comprendere questa ideologia è un dovere rivoluzionario e sono necessarie forme di pensiero e mentalità diverse da quelle degli uomini dominanti, che fino ad oggi hanno segnato il sentiero ideologico comune.
Abdullah Öcalan parla di una guerra. “La guerra contro la nostra mascolinità e i passi che faremo in questa guerra mostreranno quanto siamo vicini al nostro sogno di un mondo senza oppressioni”. Per il fondatore del PKK è chiara la necessità di rompere con la mentalità patriarcale e raggiungere un reale compagnerismo tra uomini e donne.
In questo contesto di uccisione del maschio dominante è inclusa la trasformazione dell’uomo stesso e per Öcalan parte di questa responsabilità è delle donne che con la loro lotta e la loro determinazione producono un impatto che può condurre non solo gli uomini, ma tutta la società, alla trasformazione e alla libertà.
Ogni giorno mille volte
Il capitalismo cresce di minuto in minuto, la società sessista progredisce ogni giorno. Uccidere il maschio dominante una volta non è abbastanza, “bisogna ucciderlo mille volte”. È un cambiamento di mentalità da portare avanti in ogni giorno e in ogni contesto sociale. Il sessismo e la misoginia si rafforzano quotidianamente. L’informazione è in mano a chi il privilegio lo detiene e ovviamente non lo riconosce. Lasciamo che i media patriarcali mainstream rimangano il luogo principale in cui le persone vengono a conoscenza di quello che succede intorno a loro. L’informazione negativa prodotta dalla maggior parte dei media continuerà a svilire la teoria e la pratica femminista. Nelle ultime settimane abbiamo avuto un condensato di tutte le narrazioni sbagliate possibili intorno a queste tematiche: dall’omicidio di Giulia Cecchettin e le beatificazione del suo omicida bravo ragazzo, al giudizio nei confronti delle parole della sorella Elena Cecchettin, fino alle varie condanne a Non Una Di Meno per le azioni durante il corteo del 25 novembre. Inoltre, come spesso accade nella società capitalista, che assorbe tutte e lo ingloba a seconda delle sue necessità, la cultura dominante si appropria dei contributi positivi del femminismo per il benessere della comunità e della società stessa, per poi proiettare all’esterno una rappresentazione negativa del femminismo. Succede in ogni ambito rivoluzionario e progressista, con le nostre idee, le nostre pratiche e i nostri risultati svuotati di significato.
Polizia di genere
Ma perché quella contro il maschio dominante è una battaglia così lunga e faticosa? Gli uomini sentono che spesso la società chiede loro un compito paradossale: da un lato sbarazzarsi con urgenza dei propri privilegi e in generale delle credenze sessiste riguardanti le donne, ma dall’altro continuare ad aderire a un modello di mascolinità tradizionale duro e puro nella definizione di sé per poter essere apprezzati socialmente. L'uomo deve rispettare determinate aspettative o è probabile che venga giudicato e redarguito da un altro uomo disciplinatore che riporta all'ordine il maschio deviante che si discosta dai canoni richiesti dalla mascolinità. Siamo imbevuti dai modelli culturali e ci comportiamo come da richieste senza farci troppe domande. Fare delle scelte conformiste è meno impegnativo, infatti quando ci si allinea alla maggioranza nessunx chiede spiegazioni nè bisogna difendere pubblicamente la propria posizione. Non tuttx hanno la forza morale e la lucidità per sostenere tutte le fatiche del caso. Per un genitore di un figlio maschio, non è semplice educarlo fin da piccolo nel seguire le proprie attitudini scostandosi dagli stereotipi di genere. La maggioranza è disciplinatoria e si comporta da polizia di genere fin da piccola per cui non va trascurata la paura delle conseguenze negative a livello sociale a cui un bambino può andare incontro. Il privilegio maschile, invisibile agli occhi di che ne gode, ha anche un’altra faccia della medaglia, ovvero ha reso gli uomini generalizzabili secondo standard predefiniti a cui bisogna continuamente adeguarsi per fregiarsi di una mascolinità così precaria da dover essere dimostrata ogni giorno. Un’esistenza non proprio libera e autonoma.
Cosa si intende con vero uomo
Come se non bastasse dover definire cosa si intende con uomo, nella nostra società ci siamo anche dovuti abituare al concetto, poco chiaro, di “vero uomo”. Si tratta della versione elevata dell’essere uomo, perchè nascerlo non è abbastanza e infatti ad oggi quella del vero uomo è considerata una specie in via di estinzione. Articoli di giornale preoccupati e allarmati sul declino della mascolinità ovunque, mascolinità in crisi e uomo sempre più fragile. Certo, detta così sembra una di quelle “cose che la destra dice che sarebbe una figata se fossero vere”, ma in realtà questo panico morale nei confronti del vero uomo è culturalmente da noi ben assimilato. “Essere uomo”, “essere un duro”, “essere troppo teneri” sono espressioni di uso comune basate sulla caratura di mascolinità, come ci fossero vari livelli che portano alla status di vero uomo.
Ma intanto, come possiamo definire cosa è un uomo? Quali aspetti lo caratterizzano? Pensando alla maschilità e come si palesa nelle varie fasi dell’età e nelle varie epoche si può dire che è un insieme di comportamenti e aspetti associati all’essere maschio in una data società e tempo. La mascolinità esiste solo in rapporto a un determinato contesto socioculturale, anzi è proprio essa stessa un ruolo sociale, un modo di pensare e agire a seconda di ciò che la società si aspetta da un uomo.
Parlando di abbigliamento ed estetica in generale, che in una società uomocratica schematizza cosa è da uomo e cosa donna, assistiamo a quel processo che definisce il corpo come un qualcosa da disciplinare e governare per rispettare gli standard. A partire dal diciannovesimo secolo abbiamo visto quella che si può definire “la grande rinuncia maschile”. Con la proliferazione delle fabbriche e la leva militare obbligatoria i maschi hanno rinunciato ai colori e agli ornamenti per rinchiudersi in giacca e pantaloni, ormai unica opzione per ogni occasione. La disarmante uniformità dell’estetica maschile non è casuale, ha accresciuto la solennità della figura maschile e soprattutto, rinunciando all’estro e alla creatività l’uomo comunica che non ha bisogno di perdere tempo dietro a mere pratiche ornamentali a differenza delle donne che hanno quotidianamente bisogno di mettersi in evidenza ed essere attraenti.
C’è anche una differenza tra il definire la donna e l’uomo. La spiega bene il compagno curdo Heval Atakan: “Per definire la donna mi vengono in mente mille figure, dalle schiave alle dee e le mie compagne avanguardiste. Quando si tratta di definire gli uomini non mi viene in mente nulla, perchè in quanto uomini siamo tutto e non abbiamo mai avuto la necessità di metterci in discussione o definirci”.
Questo anche perchè l’uomo è professionista dell’occultamento di sè. Ciò che ci è stato imposto, le nostre emozioni, pratiche e pensieri non lo conosciamo e non abbiamo intenzione di rimediare. Abbiamo paura a guardarci da vicino.
Che fare
Alla luce di tutto questo, di quello che sta succedendo e come viene affrontato è fin ovvio il dovere di riconoscere il privilegio e prenderne la responsabilità. Non la colpa nè dover chiedere perdono in quanto uomo. Concetti molto cattolici, casualmente.
Il progetto a lungo termine è quello di trasformazione dell’uomo. Se è vero che ogni essere vivente è dotato della capacità di modificare ed essere modificato vale sempre il discorso di fare passi e provare. Si devono creare, sempre seguendo i progetti curdi, luoghi di dibattito in cui l’uomo non si deve porre come già successo in una posizione di inferiorità nei confronti delle compagne e dire “cambiatemi!”. Perchè la responsabilità è nostra e bisogna sperimentarla senza formule da seguire. Nei luoghi di formazione ideati da Öcalan inizialmente tra gli uomini presenti c’era un alto livello di conflitto producendo solo rabbia e risentimenti. Ma sopratutto difensivismo a protezione della mentalità da lui creata ovvero quella che ha portato alla creazione di Stato, confini e muri. Un meccanismo continuo di protezione psicologica e fisica. L’uomo cerca sempre un posto dove potersi rifugiare ed è quando non esistono questi luoghi che i meccanismi di difesa si abbassano e i luoghi di dibattito e formazione diventano spazi dove vivere un cambiamento per costruire una volontà libera. Durante una formazione una donna curda ha detto “Quando siete arrivati qui non vi abbiamo detto che vi avremmo messi un giardino fiorito e che avreste camminato comodamente. È difficile. Decidete voi, o lo fate e non lo fate”. Eliminata l’autodifesa è importante guardare a come sono le relazione tra le donne: auto, solidarietà, condivisione, stima ed empatia, ovvero quella che i movimenti femministi attuali definiscono sorellanza. Come possiamo creare questa relazione tra gli uomini?
Intanto, condividendo. Esternare i propri difetti e relazionarli agli altri, non per chiedere la confessione cristiana, ma per arrivare a un dibattito e scoprire che alcuni aspetti negativi non appartengono a te soltanto per costruire un sentimento completo a partire dalle fondamenta. Altrimenti, con un approccio analitico, tutte le lotte al sistema falliscono. Bisogna entrare nel cuore, dicono i curdi, non nella mente e farci portatori di amore.
Come si uccide il maschio dominante? È molto difficile rinunciarvi, e questo lo sappiamo. Qualsiasi sia la nostra formazione, il modo in cui agiamo e parliamo, è strutturato in base al sistema capitalista. Bisogna scomporlo pezzo per pezzo e riorganizzarlo sulla base di altri pensieri. C'‘è necessità di politicizzarsi e lottare creare una nuova personalità libera, indagare e analizzare la figura dell’uomo per recuperare la sua vera natura, quella che incarnava prima che nascesse il potere maschile e la sua mentalità si trasformasse in dominio. L’uomo vede sè stesso come soggetto e tutto il resto come oggetto, quando l’uomo è prima di tutto oggetto. Quando ci si comincia a vedere come una parte del tutto, non al di sopra di tutte le cose nasce un pensiero nuovo nei confronti del resto. Un po’ come la teoria del filo d’erba di Zerocalcare.
Chi ha scritto questo pippone è l’ultima persona che dovrebbe parlare, ma sentendone la responsabilità ho preso parola nonostante il confine con l’ipocrisia sia sottilissimo e tutte queste cose sconnesse non so a cosa possano servire, ma tant’è lo mando.
Sono nato uomo oppressore ma posso diventare uomo libero.
Questa era Contrattacco
Una newsletter che può essere qualsiasi cosa e diventarne altrettante. Uno sfogo, uno spazio per raccontare, ragionare, pensare, blaterare insensatezze seguendo il filo rosso del conflitto nei vari contesti della società.
Perché contrattacco? Perché resistere non è più abbastanza. C’è bisogno di provare a far resistere anche la controparte sociale, spostandosi in avanti come un blocco unico più velocemente possibile andando a riempire ogni spazio lasciato libero, farlo nostro e rifiatare.
Fondamentalmente scriveremo di quello che ci passa per la testa, spesso in modo eccessivamente polemico, retorico e con molti typo.
Chi sono?
Sono Andrea Tedone, faccio fotografie e straparlo. Nella newsletter parlo al “noi” perché non penso di aver diritto di mettere bocca su ogni cosa, non tutti i pensieri sono miei e, anche se mai lo fossero, diventano i nostri pensieri non appena li esprimo. Scarico di responsabilità forse. Le fotografie invece sono mie e guai a chi le tocca.
Mi puoi trovare su Instagram o, se vuoi parlare di qualcosa, andrea.tedonege@gmail.com. Ho anche un negozio su Etsy ( Foto Corsare) dove è possibile acquistare stampe, shopper e calendario 2024.